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Il mosaico pavimentale del Duomo di Otranto. Trascrizione e "Traduzione"?

Aggiornamento: 30 gen 2019

Possiamo tradurre in una lettura organica le scene mosaicate sui circa 350 mq della pavimentazione del Duomo di Otranto? Un materiale tanto ricco e, all’apparenza, disparato, esercita un fascino irresistibile.

Trascrivere e “tradurre” le immagini è il lavoro dell’iconografo, anch’esso, indubbiamente, traduttore, e, in questo specifico caso, di opere d’arte.

Il mosaico del Duomo di Otranto viene eseguito dal presbitero Pantaleone tra il 1163 e il 1165 , su commissione dell’arcivescovo di Otranto Gionata. Siamo sotto il regno del re normanno Guglielmo I detto il Malo, figlio di Ruggero II, re di Sicilia e di Apulia.

Sono queste le uniche notizie certe che possediamo a livello di fonti dirette, e ci giungono da tre iscrizioni che sono parte integrante del mosaico stesso.

Entrando nella Cattedrale, ci troviamo davanti a queste immagini

1. Elefanti (sotto di loro un piccolo animale) che tengono sulle spalle la radice di un enorme albero.

2. Tronco d’albero che divide in due zone la navata centrale e si snoda fino a giungere al presbiterio. I suoi rami, estendendosi in orizzontale, creano dei settori all’interno dei quali sono contenuti scene e personaggi storici o fantastici

3. Volo di Alessandro Magno sui grifoni

4. Torre di Babele

5. Episodi della vita di Noè, sia la coltivazione della vigna che la fine del diluvio universale

6. Dodici rotae che illustrano I lavori tipici dei vari mesi dell’anno con il corrispondente segno zodiacale

7. Cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso Terrestre

8. L’uccisione di Abele da parte di Caino

9. Una serie di 16 rotae nella zona del presbiterio, che iniziano con la tentazione di Eva da parte del serpente e che raffigurano animali fantastici.

Le ali laterali, nord e sud del transetto, mostrano scene del Giudizio Universale.

A est, nell’abside troviamo altre scene dell’Antico Testamento: le storie di Giona, di Sansone e, da ultimo, un omino che porta una coppa, inciampa e la perde e infine si inginocchia sotto le stelle.

Riporto qui sotto le mie parziali conclusioni su una lettura di questo capolavoro dell’arte pugliese, il cui status questionis è a tutt’oggi aperto:

Sia perché le iscrizioni all’interno del mosaico si sviluppano cronologicamente a partire dalla zona dell’altare e scendono verso la controfacciata, sia perché le scene più chiaramente identificabili (la tentazione di Adamo ed Eva, la loro cacciata dal’Eden, le scene del diluvio universale e la narrazione delle vicende di Noè nella vigna, la costruzione della Torre di Babele) proseguono cronologicamente dal presbiterio verso la controfacciata, credo il mosaico sia da leggere scendendo dalla cima verso le radici lungo il tronco di questo Albero della Vita.

Partendo dall’altare e avanzando in direzione dell’entrata della cattedrale, la traduzione delle immagini sopra “trascritte” potrebbe essere la seguente:

l’uomo, cacciato dall’Eden a causa del primo peccato -di superbia e di orgoglio – è gettato all’ “interno del tempo” (12 ruote), e costretto a vivere con la fatica e il sudore della fronte.

Mano a mano che si scende lungo il tronco si incontrano importanti episodi di superbia (Cacciata, Diluvio Universale, Torre di Babele, Alesandro Magno) che si concludono tuttavia con la possibilita’ di redenzione attraverso la lettura allegorica che il libro del Physiologus dà degli elefanti quali metafore dei progenitori che possono essere salvati dalla morte solo grazie ad un piccolo elefantino, allegoria di Cristo redentore.

Solo rimanendo vicini al legno della croce (l’albero della vita) sarà possible godere della vita eterna grazie al sacrificio di Cristo. Tutte le figure mostruose presenti nel mosaico richiamano un tema molto caro al Medioevo:

Il messaggio e la redenzione di Cristo giungeranno fino ai popoli che vivono alle estremità più lontane del mondo, immaginati nel Medioevo come esseri deformi e fantastici.

Un ciclo della Redenzione, dunque, in cui l’uomo, dopo aver espiato per le proprie colpe mantenendosi vicino all’albero della vita, potrà nuovamente godere della vita eterna.

Se le ali del transetto illustrano il momento del Giudizio Finale, l’abside illustra nelle scene del ciclo di Giona nella balena il medesimo principio della navata centrale: la superbia umana viene punita, ma esiste una possibilità di redenzione grazie alla morte di Cristo e alla sua resurrezione, qui raffigurata da Giona che, il terzo giorno, esce dall’oscurità del ventre della balena.


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